Aeroporto internazionale di Kiev (KBP). Sediamo allo Starbucks del Terminal 1, quello dei voli internazionali. Intorno a noi c’è un mare di giubbotti ed elmetti anti-proiettile con la scritta PRESS. I giornalisti mitragliano sui propri computer le ultime dal Donbass; è l’unico posto, ci spiegano, dove prende bene il wifi, e il Caramel Macchiato almeno non sa di piombo, come tutti gli altri caffè ucraini. Troviamo posto in un tavolo appartato, accanto a noi la sagoma cartonata di Giletti che salutiamo affettuosamente. Cecilia Sala, invece, è in ritardo. Ma siamo pronti a perdonare tutto alla giornalista con più status look money d’Italia. Ci ha concesso una breve intervista prima di partire per Tel Aviv a cui è legata visceralmente da una clausola scritta in carattere comic sans grandezza 2 sul contratto con Il Foglio (li inculano tutti così). Finalmente arriva. Il trucco in volto è perfetto, i capelli neri lisci come seta, il sorriso sicuro e radioso, se non fosse per una cosa che intravediamo tra i denti. Sposta con eleganza la sedia di plastica libera davanti a noi, senza curarsi di Giletti.
C: Buongiorno Ragazzi!
N: Ciao Cecilia, grazie della disponibilità. Hai poco tempo, cominciamo subito?
C: A disposizione.
N: Va tutto bene? Hai la voce un po’ strana. Vuoi un bicchiere d’acqua?
C: No no, tutto benissimo.
N: Sicura? È come se ti fosse rimasto qualcosa incastrato in gola.
C: Ma no, cretini, questa è la mia voce. Ma non lo ascoltate il mio podcast, Stories?
N: Ehm no…
C: Dai… quello che lucra quotidianamente sulle tragedie di uomini e donne sotto le bombe con cui l’ascoltatore empatizza per 3 minuti per poi dimenticarsene subito dopo ma con l’illusione di aver capito chi sono i buoni e chi i cattivi nel mondo.
N: E come va il podcast?
C: Bene, anche se non riesco a pagarci neanche il mese di pilates.
Nel frattempo dall’altoparlante una voce in ucraino e poi in inglese annuncia l’apertura dell’imbarco del volo per Tel Aviv.
C: Porca miseria, è il mio volo, ma è già mezzogiorno? Ho poco tempo…
N: Peccato… ma cosa ti porta in Palestina?
C: Vado in Israele.
N: Vai a raccontare il genocidio?
C: Vado a raccontare il conflitto in corso tra un Paese democratico con un po’ di estremisti carini che combatte per la sua terra contro un Paese di estremisti con qualche buon selvaggio in mezzo che combatte per la sua un po’ meno terra.
N: Ma di chi è questa terra?
C: Chi va a Roma perde la poltrona.
N: Ma quindi stai dalla parte di Is…
C: Sono una giornalista, non prendo posizioni.
N: Ma sulla Russia, sull’Iran, adesso sulla Siria… prendi posizioni continuamente… puoi dirlo Cecilia… a noi puoi dirlo…
C: Io… Sto…
N: il tuo pubblico di sinistra ti perdonerà, puoi stare tranquilla.
C: Io…. Sto… con I…
N: ti perdoneranno i lettori dell’Espresso
C: Io…
Improvvisamente dalla sua gola iniziano ad apparire visibili sporgenze, annaspa con il naso, le tempie inumidite da gocce di sudore e mascara. Tra le labbra chiuse si fa strada, divaricandole lentamente, un uovo bianco.
N: Oh mio Dio Cecilia, cos’è quello?
L’uovo, sempre più grande, si biforca all’improvviso, riempiendole le guance. Cecilia si piega in due, rovesciando il tavolo con i caffè, in preda ai conati. Dalla sua bocca erutta un lungo osso bianco, che cade a terra.
N: Cristo Santo… un osso! Ma che diavolo?!
Non sappiamo come ma riusciamo a intuire che si tratta della tibia di Paolo Mieli. Un flusso intenso di materiale organico e liquido intestinale si riversa sul pavimento. Tra le altre cose riconosciamo l’indistinguibile zigomo pre-operazione di Lili Gruber, uno dei metacarpi di Michele Santoro, la scapola di Mario Calabresi, la falange anulare di Claudio Cerasa.
N: Ma Cecilia! Cosa hai fatto?
C: Quello che andava fatto. In tutti questi anni.
La voce di Cecilia è finalmente piena. La presa dei suoi polmoni non è mai stata così ampia.
C: Ho ingoiato il rospo.
Fuggiamo disgustati dal Terminal, portando in salvo il cartonato di Giletti.
Rivolgiamo un ultimo sguardo all’indietro, prima di uscire. Cecilia si avvia a testa bassa verso il gate, mentre un inserviente ucraino passa distratto, cuffie all’orecchio, col lucidatore elettrico. Sta già raccogliendo gli avanzi della carriera di Cecilia Sala.