Fino a quando Elisabetta Canalis continuerà a stare sui quei cartelloni, fino a quando lei continuerà ad essere bella, ad essere perfetta, noi continueremo ad essere giovani, cristallizzati nel riflesso del suo tempo che non passa

La Canalis ha bevuto l’elisir di lunga “Fica”. Evergreen della ficaggine, pino silvestre della bellezza, ulivo dei sogni erotici degli italiani, la Canalis non è che invecchia bene, no no proprio non invecchia. Gli anni per lei non passano, nel senso che non le passano attraverso, il tempo digerisce lentamente la sua gestazione, come a volersela gustare, ci si fa i risciacqui. Il motivo della sua eterna eternità è forse da ricercarsi nelle sue origine sarde, terre ricche di quelle blue zone dove i centenari si tuffano dagli scogli con un doppio carpiato. A quasi 50 anni (47 a settembre, il 12, alle 5.06 del mattino), Eli, contrariamente alle tante “vorrei ma non posso… no non hai capito non ce la faccio proprio più” come Belen Tatangelo Incontrada Gregoraci Brescia, continua a esistere e resistere, eclissando con gluteo e mascella equina eserciti di cloni prodotti in serie da Intimissimi e Yamamay. Giovani fuori, ma morte dentro, ancora con quei noiosissimi problemi alimentari…

Eli invece è la ragazza dell’Alimentari, con quel viso semplice, che ti taglia il pane con il coltello di plastica, che può innamorarsi di Maccio, ma che può anche conquistare Clooney. Tenetevi la Ratajkowski, Irina Shayk, ma anche Irma, Harvey e Katrina, che non sono modelle, ma uragani, noi abbiamo il nostro: Elisabeth, che spazza via modelle e modelline con il suo pube perennemente intravisto (intravedere qualcosa da trent’anni senza riuscire a vederlo mai non è marketing, è un miracolo sospeso). Una cosa è certa: quando avrà settanta, ottanta, novant’anni, la Canalis continuerà a stare sui cartelloni delle nostre città, e non la troveremo mai volgare, ma sempre bellissima, sempre sexyssima, sempre la numero uno, e guai a chi dirà che i suoi capelli sono incanutiti: si tratta di colpi di sole. E quando poi Eli non ci sarà più, continuerà a esserci; il suo corpo non verrà sotterrato o cremato, ma verrà vestito di pizzi e bikini, fotografato a cadenza regolare fino alla putrefazione dai più importanti brand di moda, e poi ingigantita sui cartelloni. Volto scavato, pelle secca che aderisce alle costole, mangiata da larve come i Casu marzu sardi. Bellissima, composta anche da decomposta. Canalis, mummia sacra, TutanKhamon in tuta rosa “Danza”, non sta solo allargando l’immaginario erotico delle nuove generazione rafforzando il prestigio delle fasce Milf e Gilf, ma creerà una nuova categoria: le Dilf (Dead i’d like to fuck).

Ella, la Eli, che ogni volta che la vedi dici Ellallà, appartiene al raro mondo dei desideri impossibili che non svaniscono mai, quei sacri lacci dorati che tengono misteriose parti di noi legate all’infanzia. Ed è vero che ogni volta che la guardiamo, inconsciamente torniamo indietro nel tempo, ai tre anni del suo mandato, novantanove-duemiladue, matta amazzone sarda che cavalca due millenni, quando era tutto bello, quando Eddie Guerrero non si era ancora ammazzato, quando Tonio Cartonio non aveva ancora usato le panchine del parchetto della Melevisione per farsi le pere, quando Sonia di Super 3 non aveva ancora violentato Birillo. Ogni volta che vediamo Eli, tutto si riavvolge, qualcuno torna bambino, qualcun altro adolescente, altri tornano a essere giovani adulti, e allora tutto passa, non si pensa più a nessun futuro e a nessun impegno. Eli è la schicchera per chiudere una relazione che non va più, per lasciare una lavoro che si è fatto troppo pieno di responsabilità. Figli? Ma che dici, se c’è ancora Eli! Mutuo? Ma non hai visto che c’è ancora la Canalis con il pube controluciato? Fino a quando Elisabetta Canalis continuerà a stare sui quei cartelloni, fino a quando lei continuerà ad essere bella, ad essere perfetta, noi continueremo ad essere giovani, cristallizzati nel riflesso del suo tempo che non passa. Eli è il nostro tapis roulant, si avanza senza avanzare, ma mantenendosi giovani. Perché la giovinezza non c’entra con l’età, ma con la speranza, che si alimenta con un sogno che non muore mai.