Stacco satirico su come "Il Post" ci abbia reso tutti più stupidi

Nella vita ho sempre saputo avere pazienza. Ho aspettato tredici anni prima di averne quattordici, venti prima di imparare a leggere, e sono ancora in attesa che Zac Efron legga la mail che gli ho scritto e si decida a produrre la mia sceneggiatura di High School Musical 4. C’è solo una cosa che non riesco ad aspettare: l’uscita del nuovo numero di Cose spiegate bene del Post. Finisco di leggere l’ultima uscita e passo due mesi a contorcermi, interrogarmi, assillarmi. Che cosa, mi chiedo, che cosa impareremo col prossimo libretto.

Potrà sembrare un’esagerazione. E lo sarebbe, se si trattasse di cose spiegate insomma. O cose spiegate meglio che si può. Si parla forse di cose spiegate a mezzo? No way. Cose spiegate come ci viene? No no no. Cose spiegate e basta? Orrore. Qui si ragiona di cose spiegate BENE. Logico che l’attesa sia un’agonia. In ogni caso, so darmi un contegno. Certo, ho attivato le notifiche da parte di ogni membro della redazione e mi sono iscritto alle newsletter con tre diverse mail. Ma non ho mai dato a intendere questa mia agitazione. L’altro giorno, tuttavia, parlavo al telefono con Vincenzo Profeta, quando di colpo inizia a fischiare. Cinque, dieci, venti minuti. Un’ora, ininterrotta, di fischi. Qualche applauso, pure. Approfitto di un suo colpo di tosse per domandare: “che c’è”. “Niente, niente”. “Dai, che c’è”. “Nulla, una cosa mia”. “Ho capito una cosa tua, ma è mezz’ora che fischi”. “No è che sono felice, perché è uscito il nuovo numero di Cose spiegate bene”. Problema. Due fanatici isolati restano due fanatici isolati. Forse due idioti. Mettili insieme, ed è la Jihād.

E infatti, dopo i rituali “non ci credo” e gli ovvi “ma ti rendi conto che le spiegano BENE?”, in pochi secondi passiamo all’idolatria – “a volte mi pare le spieghino BENISSIMO” –, e, infine, al fanatismo. E decidiamo di fare una cosa brutta. Brutta brutta. Vincenzo ha pochi dubbi, e forse ha ragione quando dice che con tutte queste derive autoritarie la magistratura ha altro a cui pensare. Io, invece, titubo di più. Sarò cattolico, sarò debole. Ma alla fine la tentazione è troppa, e cedo anch’io. Al solo pensiero, sto già male. Ma sono anche felice. Perché, stanotte, io e Vincenzo Profeta ci introdurremo nella sede del Post, per scoprire in anteprima che cosa impararemo bene col prossimo numero.

Punto primo, mimetizzarsi. Facilissimo: in un portalistini, ho conservato stampandole tutte le uscite della newsletter Consumismi. In un mezzo hangar preso in affitto, invece, tutti gli acquisti che mi hanno suggerito. Vincenzo ne esce con addosso un impermeabile giallo, un pile Patagonia, in mano un taccuino Iperborea, ai piedi un paio di Salomon e sulle spalle uno zainetto definitivo; io, vestito com’ero, ma con un borsone pieno di scatolette nascondi cavi e legata in vita una serra idroponica. Perfetti.

Entrare nella sede non è difficile. Milano ormai città troppo europea, e nessuno si stupisce se un elicottero sorvola Porta Genova passata mezzanotte. Più complesso, una volta dentro, è invece orientarsi in mezzo a tutta questa informazione. Avanziamo a fatica addentrandoci in una serie di perché, per poco non veniamo travolti da una mandria di come mai, perdo Vincenzo e lo ritrovo che cerca di divincolarsi da una rete di che cosa sappiamo. Lo aiuto a liberarsi e proseguiamo. Strisciamo, gattoniamo, scivoliamo. Sentiamo un rumore e subito panico, ma poi ci accorgiamo che è il ticchettio del contatore degli articoli che quest’anno abbiamo letto. “Ma non era una finta? 10 mila e rotti, no scherziamo ahaha, niente paywall, informatevi meglio”, chiedo. Ci avviciniamo: niente finta, tengono il conto. Per ognuno dei lettori. Ci siamo anche noi: 73 mila io, 65 mila Profeta. Secondo e terzo in classifica. Primo, Giuseppe Civati. 125 mila. Articolo più letto: “Civati lascia il PD”. Numero di letture: 125 mila. Ma non dobbiamo distrarci: abbiamo un obiettivo. Ripartiamo. Via via che ci avviciniamo allo studio del direttore, l’informazione aumenta. Profeta – beato lui che ci riesce – avanza con mosse capoeira tipo Vincent Cassel quando scansa i laser in Ocean’s Twelve. Io, invece, sono costretto a processarla. Fatico, ma scopro tantissime cose. E mi sento così poco progressista perché ignoravo come mai in Italia rispondiamo al telefono “Pronto?”. Poi, all’improvviso, una luce. Ci appiattiamo dietro a una colonna di lezioni sul giornalismo: è Francesco Costa, alla sua scrivania. Eccolo, trovato. Come previsto: il fuso orario, l’America, sicuro una convention, un caucus. Tutto secondo il piano. Guardo Vincenzo, scambiamo un cenno: apre lo zainetto, estrae una fake news, la lancia dall’altra parte della redazione. Costa – tempo di reazione incredibile – chiude il computer, stoppa la replica del suo podcast, spenge la luce e si lancia fuori dall’ufficio. Entriamo.

Riapriamo il computer. Password. “Prova ‘Walmart’”, suggerisco. Niente. Due tentativi rimasti. “‘Chicago’?”, scrive Profeta. Niente. Un tentativo. Fissiamo il computer. È vecchio, non è recente. I tasti più consumati sono la “l” e “s”. Vuoi vedere che. “Prova ‘Witngenstain’”, dice Profeta. “‘Wittgenstein’”, lo correggo. “No, dammi retta: Witngenstain”. Digito. Funziona. Il computer si avvia, e la nostra ostinazione viene premiata da un desktop essenziale. Solo l’icona di Age of Empires e quattro cartelle: “L’America spiegata a me stesso”, “L’America spiegata all’America”, “Me stesso spiegato a me stesso”, “Cose spiegate bene”. Sorridiamo. Ce l’abbiamo fatta. Si riaccende la luce. Alzo gli occhi: un taser, so riconoscerlo (“Come funzionano i taser in dotazione alle forze dell’ordine”). A impugnarlo, Luca Sofri. Dietro di lui, Francesco Costa, che brandisce una bandiera americana.

“Direttori, vi prego”, provo a dire.

Il taser ronza.

“Non è come sembra, noi vogliamo solo imparare”.

Sofri sorride. Costa, invece, sorride in inglese.

“Avanti, allora”, ci dice.

“Cosa?”.

“Vuoi imparare?”.

“Tantissimo”.

“Clicca”, e mi si fa sotto.

“No, la scongiuro, Direttore…”.

“Clicca”.

Novembre 2025. Cose spiegate bene. Il fanatismo: come riconoscerlo, come sgominarlo.

“Com’è possibile”, chiedo.

“È la stampa, biondina”.

“Bellezza”, dice Profeta.

“Sì. Bellezza”.

Buio.