Quello che sta perseguendo Netanyahu è un progetto assolutamente coerente con la concezione ebraica di Fine dei Tempi. Non è colonialismo; non è sionismo: è Apocalisse.
di Doriano Fallaci

Israele [“Colui che lotta con Dio”] è il nome nuovo che il signore degli ebrei diede a Giacobbe.

Se anche ci fermassimo a questo, saremmo già sommersi da equivoci, contraddizioni e inesattezze.  Innanzitutto dovremmo metterci d’accordo su cosa si intenda per “Dio”. Secondo poi dovremmo cercare di stabilire se il soggetto che si presentò con un tetragramma possa essere in senso assoluto qualcosa di lontanamente paragonabile a Dio. Terza cosa, Giacobbe non lottò con Dio, fosse anche inteso come il signore degli ebrei, ma con un angelo (Gen 32;29). Quarto, ci sarebbe da discutere su cosa si intenda con la parola “angelo” (corrispondente greco del termine “malach” dallo stesso significato). L’etimologia ci suggerisce come il termine significhi semplicemente “messaggero”. Probabile quindi che Giacobbe abbia solo fatto una rissa con un postino cananeo.

Sarebbe stato meglio se Giacobbe, insoddisfatto del proprio nome (“colui che si aggrappa al tallone”; il tallone non è così male: poteva anche andare peggio), avesse cambiato nome in Ubaldo, ovvero “pastore audace”.

Sia come sia, il nome Israele, e quindi Giacobbe, non è stato scelto a caso quando il 14 maggio 1948 ebbe luogo la costituzione di uno stato ebraico.

La scelta di chiamarlo come il patriarca al quale sono state fatte delle promesse profetiche, religiose, di discendenza e soprattutto territoriali, è programmatica e di per sé esclude tutte le occasionali derive laiche di sorta che questa nazione ha avuto negli ultimi ottant’anni circa.

Finché non si comprende che, quanto sta accadendo a Gaza e in Cisgiordania, non ha niente a che vedere con i poli opposti del sionismo, nato come movimento laico, e dell’antisemitismo, ma con promesse, profezie e sanguinarie faide condominiali, il problema non potrà mai essere risolto.

C’è un livello di approssimazione – qualcuno diceva che le parole sono importanti – spaventoso.

Tanto per fare un esempio, anche i gazawi o i cisgiordani sono popoli semiti (e diversi: filistei-palestinesi i primi e nabatei i secondi). Questo perché tradizione vuole che Jafet abbia dato origine ai popoli europei, Sem a quelli asiatici e del Medio Oriente e Cam a quelli africani.

Non si può capire fino in fondo l’operazione di pulizia etnica che sta avvenendo a Gaza, se non si conosce la parola Amalek e quindi non si conoscono gli amaleciti e il significato simbolico che hanno per il popolo d’Israele, così come lo hanno le infinite guerre tra israeliti e filistei.

I moderni palestinesi, gli antichi filistei, sarebbero nello specifico solo i gazawi; corrispondono ad Amalek e gli amaleciti per gli ebrei andavano e vanno sterminati, allora come alla Fine dei Tempi.

E, va detto, la cosa è stata sempre reciproca, anche se la maggior parte dei palestinesi attuali non sembra ricordarlo; ma Hamas, che è a sua volta un movimento apocalittico vocato allo sterminio, sì.

Per avere conferma di questi punti nodali necessari ad analizzare l’attualità, basterebbe ascoltare uno qualsiasi dei rabbini più importanti in giro per il mondo e il tipo di lezioni che sta tenendo su questi temi negli ultimi anni. Il più moderato sembra Abatantuono nelle vesti del Ras della Fossa.

Quello che sta perseguendo Netanyahu, pertanto, è un progetto assolutamente coerente con la concezione ebraica di Fine dei Tempi. Non è colonialismo; non è sionismo: è Apocalisse.

Se non si conosce il rapporto tra Netanyahu, Trump e Menachem Schneerson, il Lubavitscher Rebbe, è difficile comprendere l’accelerazione degli eventi negli ultimi mesi.

Se non si è a conoscenza del fatto che per l’ebraismo siamo nell’anno 5785 e che il mondo finisce nell’anno 6000, o meglio gli eventi hanno termine nell’anno 6000, dopodiché ci sarebbero solo mille anni sabbatici, si rischia di non comprendere le recenti evoluzioni.

Entro 215 anni, infatti, Israele DEVE avere un certo territorio (vedi Numeri 34; 1-12), il Terzo Tempio e un Messia. Cose che devono manifestarsi ragionevolmente prima della Fine, poiché deve in seguito esserci anche un periodo piuttosto lungo, i rabbini dicono almeno duecento anni, di pace e benessere mondiali.

Le operazioni militari che Netanyahu sta portando avanti, non sono coerenti con alcuna lotta al terrorismo o liberazione degli ostaggi, né con interessi meramente economici, ma seguono le direttive bibliche circa il disegnare un preciso territorio e renderlo disponibile per il ritorno da tutto il mondo degli ebrei in Israele.

Nel portare a compimento questo sedicente piano profetico, Netanyahu sta paradossalmente anche presentando la sua candidatura a Messia che il popolo ebraico attende da secoli. Il concetto di Messia (Mashiach), infatti, è quanto di più distante si intenda comunemente con questo termine: una figura spirituale che porta pace, giustizia, amore, reggae e cannabis gratuita. Ricordiamo quindi quelle che la principale autorità ebraica di sempre, Mosè Maimonide, ritiene le caratteristiche peculiari del Messia (ribadendo che non credere all’avvento del Messia significa di fatto non essere ebrei):

1) Costruire o completare il Terzo Tempio a Gerusalemme nella sua sede originaria.

2) Combattere e vincere la guerra di Gog e Magog. Essere quindi un condottiero e un guerriero.

3) Creare le condizioni per far ritornare in Israele tutti gli ebrei sparsi per il mondo.

4) Conoscere nel dettaglio la Torah e tutte le scritture sacre.

5) Discendenza dal Re Davide, del quale deve incarnare le caratteristiche: re o in generale capo politico, guerriero e finanche musicista.

Quindi, dopo aver combattuto (e vinto) tutte le battaglie finali, instaurare un regno mondiale di pace, benessere e giustizia.

Netanyahu ha di fatto preso il controllo del Monte del Tempio, aprendo la strada alla sua futura ricostruzione; sta combattendo, o si prepara a farlo, contro alcune delle nazioni di Gog e Magog, Iran in testa; sta disegnando con le sue operazioni militari il territorio previsto in Numeri 34;1-12, creando così anche le condizioni abitative per gli ebrei che dovessero fare ritorno dalle nazioni; conosce le scritture e potrebbe facilmente dimostrare di essere della discendenza davidica.

Curiosità: Netanyahu si è anche esibito come cantante, anche se non accompagnandosi alla cetra come faceva il re Davide, ma solo un paio di volte al karaoke. Il giorno in cui sarà in grado di fare pure gli assoli di chitarra elettrica ci sarà da preoccuparsi ancor più seriamente.

Basta tutto questo a far convergere i rabbini più autorevoli nel decretare che Netanyahu sia il Messia? Improbabile. Anche se è opinione di molti che saranno i summenzionati fatti, di per sé, a determinare l’identità del Messia e non un pur autorevole sinedrio.

Vale la pena comunque ricordare come il rabbino più importante degli ultimi secoli, il Lubavitscher Rebbe Menachem Schneerson, abbia a più riprese predetto a Netanyahu che il suo ruolo sarebbe stato quello di preparare la strada all’avvento del Messia.

Non servirebbe la ragione della geopolitica a fermare qualcuno che sente di perseguire un piano divino, né le risoluzioni dell’ONU, così come le delibere di una Corte Penale Internazionale.

Dire a Netanyahu, a Israele e agli ebrei osservanti, che quello che fanno è sbagliato, è doppiamente inutile perché le loro scritture prevedono che nei Tempi della Fine avrebbero avuto tutti contro.

Ogni accusa di trovarsi in errore non è altro che una conferma di essere nel giusto. Proprio come vi accade di sperimentare con vostra suocera.

Lo stesso dicasi per qualsiasi tipo di minaccia che venga da Iran, Turchia e Russia: tutto il mondo ebraico più autorevole, sia rabbinico che cabalistico, non fa che parlare della guerra di Gog e Magog (Ezechiele 38-39) in cui Israele è insidiato dal settentrione, grossomodo presso le Alture del Golan, proprio dalla Persia (Iran), da Togarma (Turchia) e da Magog/Ros (Russia).

Né potrebbe fungere da deterrente che queste tre potenze dichiarino guerra e magari riescano in una prima fase a radere al suolo gran parte di Israele, perché anche ciò è dettagliatamente profetizzato negli stessi passi.

Accuse di essere in errore, minacce, dichiarazioni di guerra e anche distruzione quasi totale, per Israele e per tutti gli ebrei che conoscono e osservano le scritture, non rappresentano altro che l’ulteriore tassello del pieno compimento delle profezie stesse e la conferma che il tempo della redenzione e dell’avvento del Messia è vicino.

A questo punto, tuttavia, ci sarebbe da capire con esattezza di quale “messia” si tratti. Perché, proprio all’esistenza dello stato d’Israele, è legata una delle profezie più importanti del cristianesimo, anche se nessuno sembra saperlo, men che meno Leoni primi, secondi, tredicesimi o quattordicesimi.

“Dal fico poi imparate la parabola: quando ormai il suo ramo diventa tenero e spuntano le foglie, sapete che l’estate è vicina. Così anche voi, quando vedrete tutte queste cose, sappiate che Egli è proprio alle porte. In verità vi dico: non passerà questa generazione prima che tutto questo accada”.

[Matteo 24; 32-34]

Non fate come quegli esegeti distratti che prendono la singola frase “non passerà questa generazione” per dire che G.C. non sapeva manco lui quando sarebbero arrivati i Tempi della Fine e il Secondo Avvento, perché li riferiva alla sua generazione.

La generazione è quella dell’albero del fico. Per questo è chiamata Parabola del Fico. “Cosa rappresenta l’albero del fico, Maestro?” gli chiedevano a più riprese discepoli e apostoli, tra cui pure Pietro, che era duro di comprendonio come la pietra. L’albero del fico rappresenta la nazione d’Israele, rispondeva Colui. Un albero che però deve avere un ramo tenero e veder spuntare le foglie.

Non si tratta quindi di Israele a lui contemporanea, che stava per essere distrutta insieme al Tempio, evento del quale si parla sempre in apertura di Matteo 24 per chiarire il concetto. La generazione che non deve passare, tra i 70 e gli 80 anni (Gli anni della nostra vita sono settanta, ottanta per i più robusti, recita Salmi 90;10), è quella in cui lo Stato di Israele, l’albero del fico, torna a mettere le foglie e ha i rami teneri, quindi nasce di nuovo. 14 maggio 1948 + 70-80 anni= 14 maggio 2018-14 maggio 2028.

Israele e Tempi della Fine, Israele e Apocalisse; ma qui si tratta di scritture che gli ebrei non riconoscono e anzi ripudiano nel modo più assoluto.

Forse, l’unico modo per fermare Israele, sarebbe quello di ipotizzare che il copione che loro stanno seguendo non sia il solo e che ce ne sia un altro molto dettagliato dove le cose vanno a finire malissimo.

Ovviamente parlarne in Israele, o più in generale agli ebrei, illustrare nei dettagli lo svolgersi degli eventi apocalittici con riferimenti precisi alle Scritture della cristianità, sarebbe inutile; spiegarlo agli americani, invece, che nelle profezie del Nuovo Testamento dovrebbero crederci, potrebbe cambiare l’intero panorama geo-profetico.

Altrimenti di pace si parla e pace si avrà: una “pace disarmata e disarmante” (cit.); ma si tratterà di quella dell’Anticristo, appoggiata dal Falso Profeta, qualcuno che finge di parlare in nome di Cristo, e che lo farà in maniera più disarmante che disarmata.

Quando diranno «Pace e sicurezza», allora una rovina improvvisa verrà loro addosso.

[1Tessalonicesi 5;3]

“Egli (Anticristo ndr) stringerà una forte alleanza con molti per una settimana e, nello spazio di metà settimana, farà cessare il sacrificio e l’offerta; sull’ala del tempio porrà l’Abominio della Desolazione”.

[Daniele 9; 27]

E, a quel punto, le scene che stiamo vedendo a Gaza finiranno per coinvolgere anche Israele.

“Quando dunque vedrete l’Abominio della Desolazione, di cui parlò il profeta Daniele, stare nel luogo santo – chi legge comprenda -, allora quelli che sono in Giudea fuggano ai monti, chi si trova sulla terrazza non scenda a prendere la roba di casa, e chi si trova nel campo non torni indietro a prendersi il mantello. Guai alle donne incinte e a quelle che allatteranno in quei giorni. Pregate perché la vostra fuga non accada d’inverno o di sabato. Poiché vi sarà allora una tribolazione grande, quale mai avvenne dall’inizio del mondo fino a ora, né mai più ci sarà”.

[Matteo 24; 15-21]