L'omicidio da parte di Luigi Mangione del CEO della compagnia assicurativa, è solo l'ennesimo prodotto dell'epoca in cui viviamo. Già sacralizzato a meme, il suo gesto "rivoluzionario" si traduce in un prodotto seriale da consumare rapidamente.

Luigi Mangione, il killer del CEO del colosso assicurativo sanitario americano, è l’ultimo eroe postmoderno capace di farci fare un sussulto tardoromantico del cuore accompagnato da un pizzico di orrore. Verrà presto derubricato come semplice assassino e ce lo rivedremo in una bella serie di Netflix. Si aggiungerà alla categoria dei “mostri” che tanto piacciono e che tanto rendono alla società americana. Finirà nello scaffale dell’intrattenimento, depauperato della sua carica rivoluzionaria. Ogni rivoluzione finisce sempre nello spettacolo di sé.

Se non fosse per la società americana, di tali mostri non ne avremmo contezza. Ogni società ha i suoi, non v’è dubbio, ma l’America ha le sue peculiarità ben ascritte. Non c’è stato al mondo un proliferare di killer come negli Stati Uniti, una società che produce serializzazione come Guerre Stellari e infinite catene di fast food. Non a caso Luigi Mangione è stato trovato da McDonald’s. Tutto in America è seriale e il mostro non può che esprimersi secondo le stesse modalità con cui la società che l’ha generato si manifesta. Vittima del sistema, dei meccanismi disumani del potere, il killer appare come nuova creazione involontaria, scheggia impazzita di un mondo che tutto vorrebbe asservito a sé stesso.

L’assassino è anomalia del sistema prima che mentale. Infatti, benché non appartenga alla psichiatria, Mangione è mostro. È mostro nel senso esteso del termine, come extra-uomo-rivoluzionario. Uccidendo il CEO miliardario, Mangione, infatti, cessa di essere cittadino, membro sano della comunità e torna individuo. Si riappropria del proprio potere sovversivo che è spettacolare (l’omicidio), contro il subdolo potere economico. È l’elemento deflagrante. È colui che vuole, non tanto interrompere la serialità schiacciante e assassina di un sistema ambiguamente spietato – non potrebbe -, ma lasciare un segno, questo sì. Mangione uccidendo il miliardario si sgancia, non è più uomo-comunità ma uomo-individualità. Ecce homo. Egli fa la rivoluzione per sé in primo luogo. Uccidendo un simbolo, sconvolge la tranquillità dell’esistenza soprattutto la propria.

L’atto di Mangione è controcultura. È come la banana di Cattelan che cessa di essere banana. Luigi Mangione era una banana a orologeria. Mentre la vittima cessa di esistere anch’egli muore ma rinasce in una nuova vita. In un assassinio muoiono sempre due persone, la vittima e colui che, fino al momento prima del gesto, omicida non era. Nonostante verrà, con molte probabilità, condannato, Mangione sarà finalmente libero interiormente. Vittima di un sistema sociale prima e di un sistema carcerario poi, tra le pareti della propria scelta troverà certezza di sé. Certezza di non aver scatenato la rivoluzione ma comunque di essere stato rivoluzionario. Per sé, per il suo mondo e la sua cultura. Non più banana.

Non è come Unabomber, di cui teneva il manifesto nello zaino quando è stato arrestato e su cui ha lasciato una lusinghiera recensione su Goodreads. Non ne ha il costrutto mentale-filosofico, non elabora una teoria, non articola la lotta al potere secondo un’auto-dottrina colta e ben costruita. Mangione ha, però, un retroterra di tutto rispetto, è ricco e in carriera ed è figlio dei nostri tempi. Il suo atto rivoluzionario è un privilegio da ricco. Ma è anche soprattutto un ricco privilegio. Una grande conquista. “All’uomo sono necessarie le sue cose peggiori per le migliori” scriveva Nietzsche.

Dicevamo, è pienamente figlio di quest’era tecnologica. Uccide con una pistola creata con la stampante 3d. Non genera un manifesto ma usa il linguaggio di TikTok, incide dei tag sui proiettili Deny, defend, depose”: nega, difendi, deponi. Tre parole che sono già infinita moltiplicazione su internet e che rappresentano il meccanismo del sistema assicurativo americano fatto solo per incassare e fottere i cittadini. “Deny, defend, depose” sono gli ingranaggi con cui la ruota spietata del capitalismo americano schiaccia il cittadino. Non più banana. Non più Luigi Mangione, giovane e bello studente modello, non più Luigi Mangione giovane omicida, ma Luigi Mangione eroe rivoluzionario del web. Ogni verità si specchia e si attua anche nel rovesciamento di sé. E le verità nel mondo in cui viviamo, nei meandri del cyberspazio, sono cosa assai debole, fugace e passeggera. Sono cripto-verità come quella di Mangione è sicuramente, a conti fatti, una cripto-rivoluzione.

Però una cosa dobbiamo sottolinearla. Mai come oggi il potere è innanzitutto assicurazione, cioè non più produzione ma meccanismo economico. Il potere è credito. Un credito che non si assolve mai. L’individuo non produce più beni ma, da asservito, vincolato, diviene generatore involontario di ricchezza. Nel campo assicurativo sanitario americano, ma ci stiamo arrivando anche noi, l’individuo malato è fonte di reddito. La malattia è denaro. Il cittadino deve stare male non per produrre in fabbrica ma per generare fatture. La malattia è il credito di questi anni. Sintomo di potere e di controllo. Attraverso la malattia/credito il potere si arricchisce, controlla e reprime. Nell’illusione di prendersi cura di te. Di preoccuparsi del tuo benessere. Però il potere non vuole essere disturbato nel suo operato. Demanda cieca ubbidienza alle regole. Ecco, quindi, che l’assassino diventa un elemento di disturbo soprattutto se viene rivolto contro il potere e non contro un suo simile. Benché ricco, Mangione non è simile al CEO, anzi è proprio il malato. È ricco ma è sotto scacco. E quando lo scacco è matto non resta che scusarsi per ogni conflitto e trauma e ammettere che tutto quanto “andava fatto”. Con la consapevolezza che di tutto questo tra qualche anno non resterà memoria ma giusto qualche “meme” e lo scotch con cui questa banana rivoluzionaria era stata attaccata al muro si scollerà per fare spazio a un altro oltraggio.