Divagazione ironica su una condizione gravissima la cui anamnesi comporta verificare se il paziente stia prendendo in giro tutti o meno.

“Scusami, ma i cinque non li hai visti?”.
“Come?”.
Il mio compagno mi guarda. Gli balla un occhio e gli soffia il naso. È arrabbiato.
“I cinque, dio santo. Non li hai visti?”, chiede.
“Sì, ma…”.
“Ne manca uno, lo cali e fai burraco – puro, per altro –, in pratica s’è vinto e te che fai, lo scarti?”.
“Ho capito ma…”.
“Perdo la testa”, sta alzando la voce, “ma cosa? Cosa ma?”.
“Ma non è che l’ho scartato. Cioè sì, l’ho scartato. Ma non l’ho fatto apposta. Nel senso, sì, chiaro, l’ho fatto apposta. Ma, il punto, insomma, lo sai, è per l’ADHD”.
“Stai scherzando?”.
“Ti sembra la faccia di uno che scherza su un disturbo?”.
“Ma cosa stai dicendo, quale disturbo, sei…”.
Si interrompe. È in difficoltà. Bastato provocarlo un attimo e per poco non è cascato nell’abilismo. Rincaro: aggiungo una punta di nasalità alla voce e parto supponentissimo.
L’ADHD è il disturbo da deficit dell’attenzione e…”.
“Lo so cos’è, ma cosa c’entra ora…”.
“C’entra perché ce l’ho”.
“Ma cosa hai? Ma cosa stai dicendo?”.
“Aspetta”.

Prendo il telefono. Notifica di Eurosport. Apro. Il Ponte a Greve sta vincendo (forza). Controllo un attimo Instagram. Incredibile Bruno Barbieri. Mi fa impazzire. Il topperrrr. Una mail. È la zia, sollecita l’invio del campione di urine. Madonna che angoscia questa donna. Alzo gli occhi. Il mio compagno continua a fissarmi. Adesso sono due, gli occhi che ballano. Il naso che fischia sempre uno.
“Scusa, gli dico. Mi sono distratto” (vedrai). Riprendo: “Dal DMS…”.
“DSM”.
“Vabbè è uguale [vedrai]. Comunque, dal DMS: 1. Disattenzione [ammicco al cellulare]; 2. Iperattività [ammicco al mignolo con cui mi sto arricciando un boccolo]; 3. Impulsività [ammicco al 5 in cima alla pila degli scarti]”.
“Hai fatto il test?”.
“Yes”, dico.
“Dove?”.
“Pinterest”.
Dominio dialettico, è in mia balia. E invece contrattacca, il balordo. Prende aria, poggia le carte sul panno.
 
“Lo sai, vero, che l’ADHD è un’etichetta nosografica inventata di recente per classificare come emergenze cliniche comportamenti e attitudini sempre esistiti e con tutta probabilità derivanti da lassismi educativi (nei genitori) e scarsa propensione all’autodisciplina (nei figli), in sostanza declassandoli da campi di necessario ma faticoso e non per forza fecondo intervento a fatalità contro le quali forse applicare azioni di contenimento/correzione ma senza mai implicare una propria mancanza (in sostanza, una responsabilità etica) all’origine delle spie sintomatiche?”.
Pensa di impressionarmi. Basta non badarci. Ed è facile: continuo a guardarlo, ma la mente (vedrai) è già alla mia collezione di apparecchi ortodontici appartenuti a star di Cinecittà.
“Lo sai, vero”, continua, “che nei giovani l’ADHD è in sostanza un modo per sollevare i genitori dall’impegno formativo, e, negli adulti [ride], un modo per fare del revisionismo spicciolo e rasserenarsi intorno a storie di fallimenti, rileggendo tradizionalissimi vizi o carenze emendabili (se si vuole: poi fate quello che vi pare) come sfortune e riducendo l’essere umano da agente morale a vittima da compatire? Lo sai vero che si sta parlando di una versione appena più particolarizzata della scusa genetica, variazione post-mendeleiana di chi malediceva le stelle, rientrate per altro di moda in quest’epoca in cui secoli di teologia sono roba da gonzi ma un paragrafino di Paolo Fox TESTO SACRO?”.
Margherita Buy (espansore palatale). Pierfrancesco Favino (fisso+8 elasticini). Elio Germano (baffo). Sabrina Ferilli (allineatore trasparente). Pierfrancesco Favino (mascherina di mantenimento).
 
“Per non battere, infine, la questione socioeconomica, argomento volgare ma con una ineludibile quota di verità, se si bada alla mercificazione della cosa, al pullulare di centri diagnostici fondati su test vaghissimi, e all’acume di ragazzini che hanno annaffato un sistema per garantire alle mamme apprensive filotti di medie del 7,5 senza troppa fatica”.

 
Lo guardo. È convinto di avermi sgominato. Gongola, il furbone. E invece io so come zittirlo. Ho imparato il trucco. Ci ho messo un po’ (vedrai), ma l’ho imparato.
NUTRIZIONISTA!”, urlo.
“Come?”.
NEGAZIONISTA!”, correggo, ho sbagliato (vedrai).
“Oh ma che è questa storia recente che tutte le volte che uno prova a dialogare le persone invece che controbattere urlano al…”
NEGAZIONISTA DEL NEGAZIONISMO!”. Madonna sono senza pietà.
 
Ci guardiamo negli occhi. Io, dopo dieci secondi, abbasso lo sguardo (vedrai). Ma ormai credo di avere vinto. Ha cambiato espressione, pensa – si vede – ma non sa che dire. Sospira.
“Ho capito”, riprende, paziente, “cambio strategia. Fammi un esempio, anzi, fermo, una serie di esempi di occasioni in cui l’ADHD ha inciso in peggio nella tua vita. Occasioni tangibili, però, confini netti”.
Una serie di esempi. Vedi, il guappo probabilmente pensa “un esempio anche anche, ma una serie: sicuro dirazza prima”. Vorrebbe smentirmi, e poi ci conta lui, sull’ADHD. E invece gli va male, al ragazzo, perché giusto ieri ho compilato una lista, me l’ha chiesta l’assicuratore.
 
“Tieni, malfidato. N. 1: Bocciatura in terza elementare (in quinta motivi politici); N. 2: Sconfitta ai quarti di finale del torneo di Magic del bagno Marzocco in Versilia, estate 1999; N. 3: improvvido acquisto di 3 paia di Adidas Prajna (bianche, nere, bluette) un mese prima di passare dal 38 e mezzo al 40; N. 4: applicazione di due passate di smalto per onicofagia gusto acredine prima di afferrare e addentare panino caprese durante una ricreazione in seconda liceo; N. 5: piena fiducia nella figura di Dario Franceschini come candidato alle primarie del PD anno 2009 (mentre rivendico lo striscione realizzato per il gazebo – “Non c’è futura senza cultura”, talento puro); N. 6: errore nel siglare la scheda alle summentovate primarie, vuoi perché invece della ‘X’ per l’entusiasmo apposi la mia firma, vuoi perché la vergai sul nome del dott. Ignazio Marino; N. 7: autografo di Giorgio Panariello ricevuto su cartolina di Melissa Panarello per un’inversione tra cartelline del faldone P-Q-R; N. 8 consistente serie di post-it minatori rinvenuti sul parabrezza del tipo “complimenti per il parcheggio la prossima volta se ti ci trovo ti accoltello” e interpretati come veri complimenti; N. 9 distruzione accidentale di quattro biglietti per la data fiorentina del tour “Sapessi dire no” di Biagio Antonacci, convinto che invece fossero… “
 
“SCUSATE PER FAVORE AIUTO”, mi interrompe guaendo uno dei nostri avversari.
Tutta la sala si marmorizza. Sbigottimento. Qui, al torneo di Natale della BCE, nessuno aveva mai urlato prima. Sparato, semmai, tre anni fa. Ma urlato mai.
“Dott. Draghi, che c’è?”. Voglio rassicurarlo. Gli prendo la mano e la stringo forte. “Sta male?”.
“No, niente“, dice asciugandosi il naso con un lembo di panno verde, “stia tranquillo, non volevo impaurire nessuno, ma se non vi dispiace io intanto pelerei, che a forza di sentirvi parlare di disturbi m’è entrato il pensiero di avercela anche io, l’ADHD, e se aspetto ancora poi magari va a finire che me lo dimentico”.