Nel "Gattopardo" versione Netflix, il Principe Fabrizio è ora una donna nera non binaria, una donna transgender afrodiscendente e Tancredi un attivista climatico con lo smalto alle unghie.

L’Italia è morta! Il cadavere è sotto un parcheggio di qualche outlet, e ci sono profilattici bucati pure, e puzza di merda. Il suo cadavere, gonfio di Nutella e debito pubblico, fluttua in uno spritz annacquato della gintoneria di sto ca’. Non c’è più alcuna nobiltà, alcuna fierezza. Ve lo dico subito: abbassate i calzoni che questo articolo sta per sfondarvi, per farvi male. Solo Maranza e Guardia di Finanza in tuta in giro, o in borghese; pensionati che si lamentano della benzina, che guardano l’unica cosa eterna che vedranno: i lavori pubblici; radical minch con la borsa di paglia; cumcette con i capelli neri di Cusenza col papà camorrista, che twittano sulla Palestina dal loro Airbnb a Ibiza.

Tutto questo lo sapeva già il Principe Fabrizio di Salina. Lo sapeva e se l’è dovuta accollare per forza. Ecco la sua colpa, ecco il fallimento della sua genia: credere che il declino si possa affrontare con un’alzata di spalle e un sopracciglio inarcato, come Carletto Ancelotti, che magari farà cadere qualche mutandina, ma nessun Muro di Berlino.

Nel Gattopardo versione Netflix, il Principe Fabrizio è ora una donna nera non binaria. Sì, hanno deciso di rifare Il Gattopardo su Netflix, il che non significa che possiamo dire addio all’aristocrazia siciliana, ma alla Sicilia intera, all’Italia, all’UE. Il Principe Fabrizio sarà probabilmente una donna transgender afrodiscendente e Tancredi un attivista climatico con lo smalto alle unghie.

Non lo vedo neanche quell’obbrobrio. Per scrivere qualche misero articoletto, scordatevelo. Il bello di oggi è che le cose le puoi stroncare senza vederle. Però posso testimoniare che il tutto è stato girato a Palermo, sotto casa mia, che nel film sembra Berlino Est, perché tutto su Netflix sembra Berlino Est. Io vedevo queste comparse mangiare nel mio bar di quartiere preferito, lasagne su piatti di plastica, e pensavo a Luchino Visconti esploso sotto tritolo. Questo non è un adattamento: è la riesumazione di un cadavere per violentarlo sotto i riflettori con sonde anali, in una sala operatoria aliena. Non è un omaggio, è un’adduzione rettiliana. Se Tomasi di Lampedusa fosse vivo, si sparerebbe con la doppietta.

Guardate il Presidente Mattarella: un ectoplasma istituzionale che compare in TV solo per dire cose che fanno annuire e calare il sonno. Antibattito-cardiaco-Mattarella lo chiamo io. Il monarca senza corona di una nazione senza spina dorsale, che si sveglia solo quando la Nazionale vince gli Europei e per beccare un “no” da Sinner, in un paese che poi non vede l’ora di tornare a farsi sodomizzare dai mercati finanziari e tradire qualche alleato in guerra.

E il popolo? Il popolo esiste solo quando serve un hashtag; il resto dell’anno è un codice fiscale che paga le tasse e si fa strizzare le palle dai direttori di banca e dalle finanziarie, per comprare SUV a debito e telefonini da ottocento euro. Ha la figlia influencer. Boomer e millennial inferociti e sterilizzati da anni di ingiustizia sociale e “meritogrrrazzzia”.

Parliamo di plebiscito? Ok. Il plebiscito del 1860 non è altro che una grande anticipazione delle primarie del PD. La scena del plebiscito ne Il Gattopardo è un capolavoro di satira involontaria. Il popolo siciliano, analfabeta e sottomesso, viene portato a votare per l’Unità d’Italia come si portano le vacche al macello. I risultati? 432.053 voti per il Sì, 667 per il No. Percentuali da Corea del Nord e savoiardi inzuppati nel caffè. Stacco! Generazioni dopo, il caffè lo portiamo noi ai turisti, che ci scasseranno la minchia su Arancino vs Arancina e sulla ggggranidda di Siracusa. Ma ancora oggi ci raccontano che l’Italia è nata “dalla volontà del Bobbolo per fare giuSTIzzzia sociagggiale”. No, è nata da un golpe bancario-massonico dei Savoia, finanziato dagli inglesi, eseguito da mercenari e consolidato sulla testa di un popolo che non ha mai avuto voce in capitolo.

La vera Italia non è mai nata: esistono solo i suoi resti, uniti artificialmente dalla burocrazia, divisi giustamente in tutto il resto.

Ma destra e sinistra, gemelli siamesi della noia, sono in agguato! La destra borghese: condomini di provincia con parolone come “valori”, mentre investono in azioni Amazon e i figli ludopatici con disturbi dell’attenzione si fumano il crack. La loro idea di sovranismo è litigare su Telegram per una statua di Mussolini. La sinistra? Peggio. I wokie con i capelli azzurri che si masturbano sui diritti civili dei Maranza al suono di rap e drill, mentre si apprestano ad accendere un mutuo trentennale per finire a fare la caricatura della Famiglia Cuore.

Un tempo le invasioni portavano Attila e i Goti, gli Unni. Oggi portano ragazzini in felpa Adidas che sputano per terra e ti chiedono i soldi fuori dal Carrefour, mentre dietro ogni slogan c’è un imprenditore che vuole braccia a basso costo. Il risultato? Le città trasformate in suk, le piazze in dormitori a cielo aperto, i quartieri storici svenduti agli affitti in nero.

Tranquilli raga, l’Italia è una merda, ma ci sono gli imperi. E qui arriva lo scappellotto sulla nuca: la grande lezione de Il Gattopardo. La Nazione è un’invenzione per gente senza fantasia. Quello che conta è l’Impero. Federico II di Svevia lo sapeva: mentre i comuni si sbranavano per un pezzo di terra, lui costruiva castelli, parlava sei lingue, faceva volare i falchi e derideva i papi.

Il futuro non è nei confini, nei patriottismi da discount, nelle bandiere che sventolano sopra le buche delle strade. Il futuro è in chi sa costruire l’eterno, raga. In chi sa comandare. Il Gattopardo è questo. Luchino lo sapeva, Tomasi lo sapeva.

E mentre voi vi accapigliate su Salvini e Schlein, Trump è là che mangia hamburger e si fa incoronare come nuovo Cesare, Mosca è la nuova Roma, la Cina è la Cina. E noi? Noi non ci abbiamo capito un cazzo: il popolo vuole i gladiatori, non i ragionieri. Vuole il sangue, la lotta, la gloria.

Ma non temete. Le tenebre non sono eterne. La storia si piega sotto il peso degli uomini spavaldi. Il Gattopardo non è morto. Sta solo aspettando il momento giusto per tornare. E sarà ferro. Sarà fuoco. Sarà sperma. O per lo meno, saremo già andati a fanculo.