Questo testo-saggio va letto come un’insieme di favole. Al posto dell’Abete e del Rovo troveremo uno spazio nel quale si racconta della Realtà e della Rappresentazione che litigano tra loro. La Realtà si vanta di essere più tangibile e concreta. La Rappresentazione però dice che alla Realtà piacerebbe essere rappresentazione per non essere abbattuta dall’Immagine. Al posto de Il leone e l’asino che andavano a caccia insieme leggeremo di Tecnologia e Magia e la loro comunione d’intenti. Ci chiederemo “chi ha violato il godimento?” e parleremo di papà Capitalismo che mangia i suoi stessi figli.
Il perno di queste favole sono gli Iperdispositivi. Quando il filosofo Foucault cercava di dare un nome a un insieme di discorsi, istituzioni, regole, atti, gesti e alla rete che si stabilisce tra questi elementi trovò come calzante il termine Dispositivo: “Il dispositivo è sempre iscritto in un gioco di potere. […] Il dispositivo è appunto questo: un insieme di strategie di rapporti di forza che condizionano certi tipi di sapere e ne sono condizionati”.
Il dispositivo, in maniera paradossale e a dispetto della sua stessa natura filosofica, è stato negli anni controllato e contenuto all’interno di alcuni oggetti. Questi oggetti, gli Iperdispositivi, sono la magia, il godimento, l’immagine e la burocrazia. A intrattenere una relazione con essi è la tecnologia che accompagna l’Occidente da quando Adamo ed Eva aprirono gli occhi e entrambi si accorsero che erano nudi e cucirono delle foglie di fico e se ne fecero delle cinture. Ovvero una metafora di quando l’individuo si accorse della sua immagine e della possibilità di lavorare un oggetto e farne una tecnologica cintura.
Gli iperdispositivi sono, riassumendo, oggetti capaci di trattenere quell’insieme eterogeneo di strutture e reti e di potenziarlo, controllarlo, orientarlo.
Questa è una prefazione alle generalizzazioni dei quattro testi che verranno (uno per ogni iperdispositivo). A differenza delle favole non provate a trarne una morale, semplicemente non esiste.
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Una famiglia mappa le proprie personalità all’interno del proprio account Amazon Alexa. Queste personalità, che comprendono anche la voce e il timbro vocale, la cultura pregressa e le proprie ideologie, possono essere interpellate dagli altri membri della famiglia con lo stesso account Amazon in qualsiasi altro dispositivo e in qualsiasi luogo. Con il passare del tempo i membri della famiglia iniziano a prediligere lo sviluppo dei soggetti incarnati nel dispositivo alle loro compagini originarie. Le personalità incarnate nella macchina diventano apparentemente più sensibili, disponibili all’ascolto e piegate maggiormente alla volontà degli altri individui reali.
Questo racconto fittizio è utile a capire il nostro rapporto con la tecnologia. Il modo in cui concepiamo i dispositivi è così: macchine piegate alla nostra volontà, pronte a realizzare i nostri desideri e farci godere senza limiti. Questa visione non è soltanto imperfetta e parziale, ma anche pericolosa. Potremmo invece supporre che non sia la macchina a piegarsi a noi, ma che sia lei a piegare i nostri desideri, a decidere per noi come e di cosa dobbiamo godere e a stabilire per quanto tempo dobbiamo farlo.
La nostra sorte è vivere in società che inventano strumenti per facilitare le nostre azioni quotidiane, ma che ben presto si emancipano da questo scopo e iniziano a modellare la società stessa e gli individui al suo interno. Questo processo inarrestabile è possibile grazie a rapporti profondi che la tecnologia stringe con quattro iperdispositivi: magia, godimento, immagine, burocrazia.
Il periodo illuminista e lo sviluppo tecnologico in seno alle rivoluzioni industriali ci hanno convinto dell’avvento di un’epoca luminosa priva di mistero, senza ombra. Abbiamo accarezzato il mito secondo il quale il progresso ci avrebbe donato, nel solco di un piano razionale, l’emancipazione da ogni schiavitù e la felicità. Secoli di forsennata produzione, accumulazione e consumi ci hanno invece gettati in un presente tenebroso nel quale, impigliati nelle maglie delle reti digitali, sopraffatti dal sistema degli oggetti e travolti dalle crisi sanitarie, dalle catastrofi ambientali e da efferate guerre, regnano sovrane l’alienazione, la depressione, la malattia mentale, la recessione sessuale e dei rapporti umani, il mesto annientamento dell’alterità. In cambio abbiamo ottenuto la possibilità di avere qualche mese di successo e notorietà, un simulacro del divertimento e un nuovo prodotto audiviosivo di bassa qualità al giorno.
1. Tecnomagia
La religione è un passo da evitare
Residuo imbarazzante di un mondo che non ci riguarda più
Le popstar e gli imprenditori di oggi
Parlano allo stesso modo dei grandi profeti del passato
Hanno una visione, realizzano il sogno
Svolgono una missione […]
I successi travolgenti della scienza e della tecnologia
Ci hanno illuso di vivere in un mondo ordinato, edulcorato
Un mondo come vorremmo che fosse
Facendoci perdere di vista il mondo reale
Con la sua dimensione di tenebre e caos
Un altro Dio, I Cani
L’antropologo Bruno Latour, sottolineava come le popolazioni premoderne e indigene intessevano tutto – animali, strumenti, medicina, sesso, parentela, piante, canti, clima – dentro un’immensa rete collettiva di mente e materia. All’interno di questa rete niente può essere nettamente diviso tra natura e cultura. La matrice, anzi, è composta da «ibridi»: «oggetti parlanti» che sono sia naturali sia culturali, reali e immaginari, soggetto e oggetto. La cultura occidentale ha spezzato questa rete con mura ideologiche eppure è proprio in questa rete sfilacciata che la tecnologia si inserisce come ibrido: soggetto parlante, oggetto ascoltatore; elemento tangibile e al contempo evanescente e dislocato in luoghi altri, eterotropi; oggetto utile a facilitare la nostra quotidianità e dispositivo di gioco.
La modernità venne definita dall’enorme barriera concettuale eretta tra natura e cultura, definita da Latour «Grande Divisione»1. Un periodo dove si credette che la magia e il pensiero magico scomparissero in favore della «scienza quantitativa»; ma questa non ha fatto che sostituirsi a una parte della prima, continuandone altresì i sogni e gli scopi con i mezzi della tecnologia. L’elettricità, i mezzi di trasporto veloci, la radio e la televisione, l’aereo e il computer sono stati la realizzazione delle promesse che per prima la magia aveva formulato, e che rientravano nell’arsenale dei procedimenti soprannaturali del mago, come produrre la luce, spostarsi istantaneamente nello spazio, comunicare con lontane regioni dello spazio, volare nell’aria e disporre di una memoria infallibile.2
La stessa gnosi della tecnologia fa cedere l’illusione della Grande Divisione. Ogni nuovo ibrido che compare sulla scena – bambini in provetta, il sequenziamento del genoma umano, stazioni spaziali, riscaldamento globale – ci fanno addentrare nella terra di nessuno tra natura e cultura, una zona ambigua dove scienza, magia, linguaggio e immaginazione sociale si sovrappongono e compenetrano. Tutto è connesso e tale consapevolezza evoca modalità di pensiero premoderne.
La regressione culturale è tanto intensa quanto paradossale: nonostante l’accesso a uno scibile pressoché illimitato la nostra conoscenza del mondo viene sempre meno, le nostre idee si fanno torbide, le nostre paure ancestrali, la nostra capacità critica scompare. Le masse, seppur ormai atomizzate in infinite e ristrette cerchie e bolle, intellettualmente intorpidite ma politicamente sostenute, dominano la scena.
Ancor peggio, utilizzano quotidianamente strumenti di cui non conoscono la portata, senza analizzarne cause e conseguenze. Ed è questa incoscienza che rende possibile il loro sfruttamento.
Le nuove divinità contemporanee: i gamer, gli youtuber, gli influencer, i raver, gli hacker, i tiktoker, i memer, i player, sostenuti da un pubblico ignaro, ottengono il potere di plasmare il corpo sociale e l’immaginario collettivo come facevano gli antichi stregoni o i profeti del passato e riescono a svuotare di legittimità tutti gli altri agenti culturali. Le istituzioni, gli studiosi, gli intellettuali, gli artisti entrano in crisi e si rifugiano, ormai impotenti, in un confortevole immaginario passato; hanno ripreso le wunderkammer e le hanno trasformate nelle white cube, nei salotti di musica sperimentale, nei circoli esclusivi, nelle esposizioni artistiche realizzate in fabbriche abbandonate. I loro luoghi sono stati fagocitati dallo spettacolo e loro sono stati rigettati.
Gli individui sono soggetti a una metamorfosi che frantuma le loro qualità biologiche e culturali: il sacro si manifesta nello spazio incorporeo del digitale attraverso la proliferazione di nuovi culti e l’attualizzazione di nuove forme rituali.
La visione è la seguente: siamo seduti davanti a uno schermo luminoso, accarezzando tasti, guardando cose notevoli sullo schermo alla velocità della luce. Parole, foto e immagini appaiono dal nulla. Come bambini, iniziamo ancora una volta a credere nella magia. Poiché si tratta di magia, un senso inebriante di potere accompagna l’azione. Abbiamo la cultura di tutto il pianeta qui, a portata di mano! Tutte le banche dati, le biblioteche, gli archivi, i film, i musei d’arte, i cartelloni, i telefoni e i fax del mondo sono in questa scatola.3
In questo humus, la comparsa delle cyberstreghe è significativa. Esse sono perfettamente consapevoli del portato politico e sovversivo dell’incarnare l’archetipo della strega. La stregoneria, in tempi passati, ha costituito la stereotipizzazione di ciò che andava escluso dall’ordine discorsivo e materiale capitalistico: un insieme di pratiche che, attraverso la manipolazione di simboli, corpi, oggetti, segni e ambienti, hanno come obiettivo la creazione e la modificazione del mondo.4
Nell’opera In Digital Esoterism5, Ginevra Petrozzi esplora il modo in cui gli strumenti di divinazione possano essere rimodellati per rivendicare un senso di controllo rispetto ai big data, che si sono a loro volta trasformati in un’entità quasi magica capace di prevedere e programmare il futuro. Storicamente, la divinazione è stata utilizzata come metodo per acquisire un senso di controllo su un futuro misterioso e immateriale. Attingendo alla pratica della lettura dei Tarocchi – strumento divinatorio per eccellenza – Ginevra Petrozzi esegue letture simili a partire dal flusso infinito di immagini, video, meme, numeri, pubblicità che gli algoritmi generano sui nostri smartphone, e offre tecniche per interpretare e riappropriarsi del loro significato. Così come nell’antichità il futuro appariva inconoscibile agli uomini, ma non alla divinità, oggi il futuro appare inconoscibile agli esseri umani, ma non agli algoritmi.
Non è un caso che molte cyberstreghe si servano degli smartphone e degli strumenti di cui esso dispone per le loro pratiche rituali. Il telefono è, a tutti gli effetti, uno zombie, sembra provenire dalle viscere di un mondo altro, cui noi umani non abbiamo accesso. Un oggetto inerte ma pieno di voci. È lui che parla, siamo noi che lo usiamo per parlarci, oppure le vibrazioni sono i fantasmi di noi stessi?
Gli spettri continuano a infestare il mondo elettronico attraverso i loro profili social ancora aperti dopo la morte, attraverso la loro immagine registrata e conservata negli archivi dei social. La morte è solo parziale e gli spiriti parlano: nel mondo elettronico non si è mai da soli, con i social non muori del tutto.
La connessione tra cavi elettrici, magia arcana, display levigati e spiritismo è sottolineata anche da un peculiare atteggiamento che assumiamo durante l’uso dei social network. Agli albori di Facebook i soggetti erano entusiasti di stabilire collegamenti e stringere amicizie con qualche lontano ex compagno di scuola, ma non erano minimamente interessati a sostenere una conversazione interessante, così come, tra gli anni Sessanta e Settanta dell’Ottocento, non era importante che le medium consegnassero informazioni da parte del mondo degli spiriti, bastava semplicemente stabilire la connessione: la medium era il messaggio stesso.
Lo sciamanismo e le pratiche spiritiche presupponevano l’esistenza di due mondi, il mondo fisico e il mondo soprannaturale e che alcune persone fossero in grado di entrare in contatto con gli spiriti che abitano quest’ultimo. La tecnologia contemporanea si è sostituita a essi, è diventata lei il Medium. Con essa tutto è in mostra, tutto è immagine, tutto è a un passo e nulla rimane fuori dalla scena. È in questo pieno che stiamo percependo il vuoto.
- Non siamo mai stati moderni, Bruno Latour, Elèuthera, 2018 ↩︎
- Spirits and Spirit Worlds, Roy Stemman, Doubleday 1976, p. 40. ↩︎
- Tecnomagia, Estasi, totem e incantesimi nella cultura digitale, Vincenzo Susca, Mimesis, Eterotopie, 2022, p. 109. ↩︎
- https://not.neroeditions.com/lanciare-incantesimi-nelle-oscurita-digitali/ ↩︎
- https://www.ginevrapetrozzi.com/digital-esoterism ↩︎