Il presente è l’unico terreno della libertà. Il passato, la letteratura, la cultura, possono si avere una grande importanza nella formazione dell’individuo così come il futuro può rappresentare il suo ultimo scopo, ma è nel presente, nell’attimo e solo nell’attimo che l’uomo vive, respira, pena, gioisce.
di André Gide

Natanaele, ogni attesa, in te, non sia neanche un desiderio, ma semplicemente una disposizione ad accogliere. Aspetta tutto quello che viene a te. Non desiderare che quel che hai. Comprendi che ad ogni istante del giorno puoi possedere Dio nella sua totalità. Il tuo desiderio sia amore, e il tuo possesso sia amore. Poiché che cos’è un desiderio che non sia efficace?

Ma come, Natanaele! Tu possiedi Dio e non te n’eri accorto! Possedere Dio, è vederlo; ma non lo si guarda. Alla svolta di nessun sentiero, Balaam, hai visto Dio, davanti al quale si arrestava il tuo asino? perché tu lo immaginavi diverso.

Natanaele, non vi è che Dio che non si possa attendere. Attendere Dio, Natanaele, è non capire che già lo possiedi. Non distinguere Dio dalla felicità e riponi tuttala tua felicità nell’istante.

Ho portato tutto il mio bene in me, come le donne d’Oriente, pallida, su di sé, tutta la loro fortuna.
Ad ogni minimo istante della mia vita, ho potuto sentire in me la totalità del mio bene. Era fatto, non della somma di cose particolari, ma della mia sola adorazione. Ho costantemente tenuto tutto il mio bene in tutto il mio potere.

Guarda la sera come se il giorno dovesse morirvi; e il mattino come se ogni cosa vi nascesse.
Sia la tua visione ad ogni istante nuova.
Il saggio è colui che si stupisce di tutto.

Tutta la stanchezza di mente ti deriva, Natanaele, dalla diversità dei tuoi beni. Tu nemmeno sai quale fra tutti preferisci e non capisci che l’unico bene è la vita. Il più breve istante di vita è più forte della morte, e la nega. La morte non è che il permesso d’altre vite, perché tutto sia senza posa rinnovato, affinché nessuna forma di vita detenga ciò più a lungo di quanto le occorra per esprimersi. Beato l’istante in cui la tua parola risuona. Per il resto del tempo, ascolta, ma quando parli, non ascoltare più.
Bisogna, Natanaele, che tu bruci in te tutti i libri.

Girotondo per adorare ciò che ho bruciato

Vi sono libri che si leggono, seduti su un panchetto davanti a un banco di scuola.
Vi sono libri che si leggono camminando (e anche a causa del loro formato);
Taluni sono per i boschi, altri per altre campagne,
Et nobiscum rusticantur, dice Cicerone.
Ve ne sono che ho letto in diligenza;
Altri sdraiato in fondo ai fienili.
Ve ne sono per far credere che si possiede un’anima;
Altri per farla disperare.
Ve ne sono dove si prova l’esistenza di Dio;
Altri nei quali non ci si perviene.
Ve ne sono impossibili ad ammettere
Tranne che nelle biblioteche private.
Ve ne sono che hanno ricevuto gli elogi
Di molti critici autorevoli.
Ve ne sono dove non si tratta che di apicultura
E che taluni trovano un po’ da specialisti;
Altri dove si tratta talmente di natura
Che dopo non val più la pena passeggiare.
Ve ne sono che gli uomini saggi disprezzano
Ma che entusiasmano i bambini.
Ve ne sono che si chiamano antologie
E dove hanno messo tutto quanto di meglio si è detto su qualsivoglia cosa.
Ve ne sono che vorrebbero farvi amare la vita,
Altri dopo i quali l’autore si è suicidato.
Ve ne sono che seminano odio
E che raccolgono ciò che han seminato.
Ve ne sono che, a leggerli, sembrano rilucere
Colmi d’estasi, deliziosi d’umiltà.
Ve ne sono che s’amano come fratelli
Più puri e che hanno vissuto meglio di noi.
Ve ne sono in insolite scritture
E che non si capiscono, anche quando si sono molto studiati.

Natanaele, quando avremo bruciato tutti i libri!
Ve ne sono che non valgono un soldo,
Altri che valgono somme considerevoli.
Ve ne sono che parlano di re e di regine,
Ed altri, di povera gente.
Ve ne sono che han parole più dolci
Del fruscio delle foglie a mezzodì.
Fu un libro che Giovanni mangiò a Patmos,
Come un sorcio; ma io preferisco i lamponi.

Gli ha riempito d’amarezza le viscere
E dopo ebbe molte visioni.
Natanaele! Quando avremo bruciato tutti i libri!

Non mi basta leggere che la sabbia delle spiagge è carezzevole; voglio che i miei piedi nudi la sentano… Ogni conoscenza che una sensazione non ha preceduto mi è inutile. Non ho mai visto niente di dolcemente bello in questo mondo senza subito desiderare che la mia tenerezza lo toccasse. Amorosa bellezza della terra, la fioritura della tua superficie è stupenda. O paesaggio ove si è immerso il mio desiderio! Paese aperto dove si aggira la mia ricerca; viale di papiri che si richiude sull’acqua; canne ricurve sul fiume; slargarsi di radure; pianura apparsa fra l’intreccio dei rami, promessa illimitata. Ho camminato nei corridoi di rocce o di piante. Ho visto trascorrere primavere.

Volubilità dei fenomeni

Da quel giorno, ogni istante della mia vita assunse per me il sapore di novità di un dono assolutamente ineffabile. Così vissi in un quasi sempiterno stupore appassionato. Giungevo rapidamente all’ebbrezza e mi compiacevo nel camminare in una sorta di stordimento. Certo tutto quanto il riso che ho incontrato sulle labbra, ho voluto baciarlo; tutto il sangue sulle guance, tutte le lacrime negli occhi ho voluto berli; addentare la polpa di tutti i frutti che verso di me piegarono i rami. Ad ogni locanda mi salutava una fame; davanti ad ogni sorgente mi aspettava una sete — una sete, davanti a ciascuna, particolare; — e avrei voluto altre parole per dire gli altri miei desideri di cammino, dove si apriva una strada; di riposo, dove l’ombra invitava; di nuoto, in riva ad acque profonde; d’amore o di sonno alla sponda di ogni letto. Arditamente ho allungato la mia mano su ogni cosa e ho creduto di aver dei diritti su ogni oggetto dei miei desideri (e d’altronde, ciò che desideriamo, Natanaele, non è il possesso quanto l’amore). Davanti a me, ah! ogni cosa divenga iridescente; ogni bellezza si rivesta e si screzi del mio amore

Estratti di I nutrimenti terresti (Garzanti, 1988)