Eldalandia è un parco giochi vicino a Pisa – o comunque in uno di quei posti toscani in cui non si hanno scrupoli a chiamare i figli Elvio o Zuleica –, gestito da un signore – Luigi – che sembra trascorrere almeno il 70% del suo tempo di veglia vestito da Fred Flintstone.

Eldalandia è un parco giochi vicino a Pisa – o comunque in uno di quei posti toscani in cui non si hanno scrupoli a chiamare i figli Elvio o Zuleica –, gestito da un signore – Luigi – che sembra trascorrere almeno il 70% del suo tempo di veglia vestito da Fred Flintstone. Non lo conosco perché sono un appassionato di gonfiabili (non più, da un paio d’anni almeno), ma per via di uno di quei rimpalli algoritmici che ormai popolano il mio Instagram solo e soltanto di dichiarazioni d’amore in slideshow fatte da persone che tendenzialmente indossano slip Speedo anche in casa (presto ne farò una rassegna, per la posterità). Ma è evidente che non sono l’unico, a conoscere Eldalandia, se pochi giorni fa il signor Flintstone mi è apparso accanto a Fedez, che, nel processo di ristrutturazione di se stesso in bilico tra l’ironia marcia, l’ostentato menefreghismo e posizioni trasgressive (lo pensa, ne sono sicuro), è passato a fare un saluto. Certezze estetiche: se una cosa in apparenza inusuale arriva a Fedez, è una banalità. Ma la questione vale comunque.

Eldalandia, di per sé, non è più avvilente di tutti gli altri parchi giochi che esistono, dalle fiere con gli ottovolanti sbullonati a Gardaland. Magari qualche ripresa all’intonaco delle colonne – madonna questi bambini, buoni neanche a correre diritti –, un paio di punzonature all’erba sintetica, cambiare le sedie. Gli animatori sono figure simpatiche e normalissime, e tra loro forse si nasconde Elda – chi sei? la moglie, la figlia, un’operatrice montessoriana? aiutaci –, rammentata di sfuggita in uno degli ultimi video. La faccenda, però, inizia a conturbare con l’ingresso delle mascotte. C’è Sonic – mencissimo –, Stitch senza Lilo, un dinosauro tracheotomizzato dal cui stomaco sbuca un volto incomprensibilmente sorridente, un orso impaurito, un Topolino con l’espressione di uno che ha subìto la terza rapina in una settimana. Ma, soprattutto, c’è Luigi. Fred, insomma.

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Gigione e Fedez

Il signor Luigi ha delle indubbie peculiarità. Intanto, è un armadio, il che mi induce a pregare che queste righe gli tornino bene. Riformulo: è un armadio bellissimo. Occhi da marinaio, ciuffo rarefatto, parla toscano con frequenze più alte di quelle che ci aspetteremmo a guardarlo, ha impacci nell’apertura delle labbra, un indiscutibile limite nel battere certe consonanti occlusive, forse pure le adenoidi. Buca lo schermo? Dustin Hoffman, dio santo. E da Dustin sembra avere derivato anche l’attitudine al trasformismo: c’è il costume da Fred Flintstone, che dev’essere costato parecchio e va ammortizzato, ma anche una pletora di maschere minori che di tanto in tanto compaiono e abbagliano: la signora impellicciata con parrucca rossa – ipostatizzazione del mistero seducente, perfetto per gli under 12 –, il giovane agitato con ricciolini biondi – il divertimento sfrenato –, Mister camicia tropicale con cappello safari – per sponsorizzare l’offerta con omaggio vacanza di otto (otto) giorni al mare o in montagna. Sembra un individuo a cui affidare il prodotto di nove mesi di gravame, sei ore minimo di travaglio, anni di insonnie? Chi dice di no, forse è malizioso. Io, intanto, mi limito a suggerire una prestazione alla “Il professore matto”: più ruoli per un solo attore, in un unico contenuto. Si sbanca sicuro.

Non a caso, tempo pochi video, la vicenda Eldalandia si è polarizzata: visibilità in aumento, e la gente si divide tra chi commenta con sagacia variabile – oscillando tra patetiche allusioni drogherecce, laconici “preferisco spararmi in bocca”, e guizzi di indubbio spirito –, chi più scolasticamente si preoccupa e si scandalizza, chi difende Luigi e i suoi colleghi. E Luigi, a sua volta, con sapienza affaristica riprende le accuse più o meno sarcastiche e le ribalta in proprio favore. Parafraso: certo, abbiamo telecamere a circuito chiuso non per ragioni di sicurezza ma per fare filmini coi vostri pargoli; come no, la porta anti-bambino trasforma il nostro parco giochi in Guantanamo; tuo figlio fallo mangiare da noi, anzi, no, QUI da noi [letterale]. Fino al capolavoro: la replica emotiva, con caduta della maschera e sparruccamento, imperniata su scontatissime formule come “sapete chi non ha pregiudizi? i bambini” (eh), o “noi trasformiamo le critiche in amore”, che però, va ammesso, acquistano un sapore inedito e portentoso, perché pronunciate da un omone con maglia di Fred Flintstone (quella se la lascia addosso). (Tra l’altro, mi accorgo ora che Fred Flintstone non ha i capelli a caschetto, quella è Anna Wintour: rettificare, prego). Matematico: successo successo successo. Tantissimi bambini in gita da Eldalandia. Tra cui anche Fedez, appunto.

Tra i migliori esercizi consuma-tempo offerti da internet, c’è quello di ripercorrere lo storico delle pubblicazioni che risalgono a prima della celebrità. Qui si fa presto, perché è roba di due mesi. E, nei video pre-fama – stessi contenuti, meno professionalità –, capita di incappare in commenti a firma “da_gigione_non_solo_troiai” o “gigione666” (profili pubblici: mica siamo gente da inchieste). Stai a vedere che. Aspetta un minuto. Cliccare: un tuffo in un mare profondissimo. Luigi, che già ci era parso versatile, ora ci diventa polimorfo. Eccolo a reclamizzare un ristorante forse suo, in autoscatti birbanti, Babbo Natale per un giorno, nei panni dell’influencer per amici gelatai o negozianti, e, soprattutto, al mercato di Livorno, dove parrebbe possedere una bancarella che, tra troiai e non, offre un ricco catalogo di gadget sessuali in vari diametri e fogge, in perfetta pariglia – quanto al glitter – con immagini di danseuses più o meno vestite che intervallano l’allegra figura del nostro uomo. La domanda, antipatica, rispunta: è individuo a cui affidare l’esito di scuole bilingue, corsi di tennis, campi estivi a Cutigliano?

Ora: a me Fred sta molto simpatico. È versato nel ballo, non teme di mettersi in mostra, sembra trattare bene i suoi dipendenti e da Eldalandia in effetti tutti paiono contenti. Però il dubbio rimane. Come, del resto, per ogni luogo destinato ad accogliere under 18. Chi ci dice che gli scout non imbavagliano i nostri giovani? Chi ci garantisce che la dottrina del giovedì non si risolva in una catechesi inopportuna? Chi assicura che l’allenatore di calcio non sia un sadico? Nessuno. Il rischio, purtroppo, è di questo mondo. Se Eldalandia fosse rimasta confinata nell’hinterland toscano, non ci sarebbero stati problemi: qualche avventore felice, altri in fuga dopo avere intravisto la prima mascotte. Ma, invece, è subentrato internet, con la sua prassi di desacralizzazione idiota: fai di una cosa un meme, e questa diventa subito innocua. Se ci vedi qualcosa di sospetto, sei tu un bifolco reazionario. Vergogna. Ironizzare sterilizza: superiamo le cautele non con un atto critico, ma tirandola in caciara. E produciamo epistemi fasulli: qui (esempio minore, ma comunque utile), se non capisci la magia di Eldalandia sei un bigotto. Le perplessità sono roba anni Cinquanta. Viviamo nella contemporaneità a-valoriale, produrre giudizi è da criminali.

Ieri sera mi è capitato a tiro il video della dott.ssa Anna Foglietta, che ha parlato all’ultimo Premio Strega dicendo – testuale – “ci vorrebbe Pasolini”. Ora, non ho visto l’estratto completo perché con il parental control solo le anteprime, ma posso immaginare che il desiderio fosse recuperare la voracità intellettuale e artistica del vecchio PPP, o forse una punta di sano conservatorismo dei costumi. Ho letto il titolo e, appena smesso di piangere, ho pensato: quanto è vero. Ma poi, subito dopo, cinque minuti di Instagram e sono finito a domandarmi: sarà mica che io e Anna siamo dei bacchettoni? Forse, mi sono detto. E forse Pasolini ormai è davvero inattuale. Magari, ho concluso prima di correre a riguardare Carlo Cracco che fa l’omelette, l’eclettismo di cui c’è bisogno oggi è quello di Gigione, che scarta con nonchalance dalle terga di una stripper ai gonfiabili e a Scooby Doo. Può darsi.

Quello che conta davvero, invece, è questo: mamma, se neanche tutta questa sparata ti basta a convincerti che il mio compleanno forse è meglio organizzarlo all’oratorio ti giuro non so più che fare, fai quello che vuoi ma da bere almeno fammelo portare a me che la Lemonsoda non garba a nessuno.