La critica opportunista di Pasolini, secondo Arbasino, rimpiangeva un età dell'oro della disponibilità dei "pischelli di borgata", ormai sedotti dall'accessibilità delle donne e del lusso, e indifferenti, se non indisposti, nei confronti delle avances di PPP.
Contra Pasolini parte prima

Per una interpretazione profonda di PPP suggerisco di leggere il profilo acuminato che ne fa Arbasino in Ritratti italiani. È una spiegazione di un omosessuale conservatore, brillante e giramondo (chi meglio di lui ha descritto la “bellezza” del miracolo economico degli Anni Sessanta ? – decennio secondo lui in cui il futuro aveva ancora un avvenire, altro che catastrofe antropologica!) nei confronti di un altro omosessuale più cupo e angosciato e forse masochista, il quale imputava chissà quale scasso antropologico degli italiani ai consumi e all’avvento della libertà sessuale degli anni ’70, che invece rendeva disponibili finalmente le ragazze ai suoi pischelli di borgata, e smentiva l’assunto corrente tra gli omosessuali internazionali, da Winkelmann a von Gloden e di tanti altri viaggiatori dal ‘700 al ‘900, di una bisessualità o omoerotia spontanea presso i ragazzi italiani, i quali in verità andavano con loro solo perché poveri e non avendo donne disponibili se non a pagamento. PPP fu sconvolto secondo Arbasino, che lo frequentò fin dai primi anni Sessanta, da questi mutamenti economici e sessuali.

Ecco alcuni brani, necessariamente scuciti, tratti da Ritratti italiani di Alberto Arbasino:

Sulle consuetudini sessuali di due scrittori omo quali Pasolini e Comisso

Prima fase:

Segregazione serale dei sessi. L’età dell’oro della omosessualità internazionale.

«…diari appena mossi (da leggerezza rapsodica, non da strategie narrative) di una inquietudine ingorda e inesausta nel “battere” teneri ragazzi contadini (Pasolini) oppure giovanotti in età militare (Comisso) con una passionalità quantitativa che raggiunge risultati strepitosi, numericamente, in una Italia minore ancora antica e rustica e attonita e gentile, e semivuota, ma tradizionalmente bisessuale e disponibile anche più della Grecia e della Tunisia, finché durò la segregazione serale dei sessi.»

Eccolo il punto. « la segregazione serale dei sessi»

Altro punto:

Bisessualità di necessità

«Le condizioni maschili erano semplici e basiche, secondo i requisiti tipici d’una bisessualità “di necessità” in una società dove le ragazze sono tradizionalmente inaccessibili […]. Permissività, movimenti giovanili e discoteche spazzeranno poi questa tradizione o illusione (e Pasolini stesso si lagnerà della mutazione antropologica: «Ora devo fare centinaia di chilometri per cercare sulle cime dei monti ciò che fino a poco fa trovavo sotto casa»). Ma la caratteristica di queste pagine è una capacità di fissazione amorosa continua, ripetuta, erratica, insaziabile.»

Fine dell’età dell’oro della presunta bisessualità mediterranea

Seconda fase:

«Roma, anni Cinquanta: a detta di ogni tradizione orale e di testimonianze innumerevoli, l’ultima età d’oro per la bisessualità mediterranea, latina, rinascimentale, sia popolare sia di élite, come l’hanno conosciuta tanti viaggiatori, per consuetudine antica.»

Terza fase:

Quando un’alfa romeo in piazzetta non è più un avvenimento.

Come si scambia un mutamento nel costume sessuale per una catastrofe antropologica (ah i maledetti consumi!)? Semplice: è cambiato lo scenario della presunta bisessualità dei ragazzi poveri. Per PPP le occasioni diminuiscono. I ragazzi escono con le ragazze. Ninetto si sposa. Sono gli anni ’70. Il benessere è diffuso. PPP è disperato.

Ecco il brano:

«Terzo tempo. L’età permissiva dei movimenti giovanili e della liberazione femminile ha alcune conseguenze decisive: la formazione precoce della coppietta definitiva, non più dopo i vent’anni, ma addirittura a dieci. Smentita, empirica, della tesi della bisessualità antropologica, pagana, dei ragazzi italiani. Fine delle bande avventurose di ragazzi sperimentali; omologazione, omogeneizzazione dei comportamenti. Fine dell’originalità individuale, dei caratteri regionali, del sapore locale. Standardizzazione e spersonalizzazione anche dell’atteggiamento omosessuale, riservato a ‘gay’ o ‘checche’ fatte con lo stampino, invase da galatei che impongono baffi e canottiere e orecchini identici in ogni paese. Ghettizzazione in discoteche dove si ‘investe’ il tempo e i soldi del sabato sera in un amalgama impersonale, o in baretti dove si passano le ore gemendo sui bei tempi passati e sulle nuove malattie. Inoltre, non solo la droga e le armi rendono ormai pericolose e criminali quelle periferie già familiari e amichevoli: i ragazzi adesso hanno soldi e automobili, oltre che le ragazze. L’arrivo di un’Alfa Romeo in una piazzetta non è più un avvenimento, l’offerta di una pizza fa sorridere di compatimento. Questi sono i temi della mutazione antropologica drammaticamente trattati dall’ultimo Pasolini disperato: forse è stato anche frainteso, perché chi rimpiange un’Italia sana e frugale e lieta può sembrare un nostalgico del fascismo. Ma le motivazioni autobiografiche delle sue anacronistiche invettive contro la società dei consumi e del benessere (corsivi miei) possono rendere ancora più straziante quella tragica fine di Pier Paolo.»

Conclusione:

«Pier Paolo lanciò il suo ostinato masochismo caratteriale e sperimentale contro i torti inestinguibili di una società malevola nel suo cattolicesimo come nel suo comunismo.»