Oggi parliamo di Scomodo, la rivista culturale nata dalla collaborazione, ai tempi del liceo, tra Tommaso Salaroli e una serie di altri giovani ragazzi di cui non ci ricordiamo il nome perché tutti ugualmente cannibalizzati dalla megalomania del leader indiscusso. Perché se si parla di Scomodo non si può non parlare di lui, il Topolino del giornalismo italiano, sempre sorridente, sempre disponibile, sempre positivo, amico delle guardie, insomma: Tommasino, come gli piace farsi chiamare. E non a caso, perché l’intero progetto editoriale della rivista Scomodo si basa su una pianificata infantilizzazione della sua redazione, che permetterà agli investitori e ai lettori di chiudere benevolmente un occhio sul valore approssimativo e superficiale degli articoli e delle analisi proposte.
Sulla rivista di per sé si potrebbe pure sorvolare. Basti sapere che una decina di anni fa Tommasino ha messo su una redazione under 25 – che da quando T. ha compiuto 25 anni è diventata under 30 – per creare un’incubatrice cartacea e digitale che potesse raccogliere tutti i temi che allo sguardo di un elettore over60 nostalgico del PD di Veltroni potessero sembrare da giovani, radicali, e coraggiosi. La sua curatela editoriale del progetto consiste nel ritrovarsi ogni settimana nel suo studio alla Redazione all’esquilino, lanciare un dado a nove facce e, interpretando gli auspici del caso, scegliere se il tema della settimana riguarderà Migrazioni, Femminismi, Evoluzione Digitale, Ambiente, Marginalità, Lavoro, Istruzione, Territori o Avanguardie Culturali. Dopodiché pare che la composizione dell’articolo venga affidata a un gruppo Whatsapp, gestito verticalmente da Tommy secondo i capricci della sua imponderabile volontà, a cui ciascuno dà in pasto il proprio contributo. Il tutto viene poi riassunto e riunito in un articolo da un’intelligenza artificiale, ovvero un ambizioso fuori sede del beneventano.
E così, col passare degli anni, Tommasino si è fatto un nome per sé stesso, diventando la sineddoche della rivista da lui fondata e di tutti i progetti a essa connessi. E al crescere della sua popolarità sono cresciuti il numero degli affiliati e dei redattori, fino a raggiungere cifre sbalorditive. Al punto che se oggi vi capita di imbattervi per le strade della capitale in un giovane di età compresa tra i 20 e i 35 anni, o è in qualche modo legato al progetto Scomodo, oppure è probabile che riesca a permettersi un affitto. E al crescere degli affiliati alla rivista è cresciuto il peso del contributo dei loro affetti più cari, principali acquirenti della stessa, mentre si andava perdendo, nel vortice del successo e di un’imprudente inclusività, qualsiasi traccia di una coerenza editoriale o stilistica. Oggi Scomodo è un’idra culturale a molteplici teste, ciascuna dal volto spento e dagli occhi vitrei, che ingloba, divorandolo, qualsiasi tema possa scaldare il cuore e dare fiducia per il futuro e per le nuove generazioni a Gualtieri e Zingaretti.
Intervista impossibile a Tommaso Salaroli, fondatore e capo di Scomodo
Arriviamo all’esquilino per intervistare Tommaso Salaroli, che è però impegnato in una chiamata. Ci fa segno di aspettare, sorridente e gioviale. Ci intratteniamo bevendo un caffè al bar, e scambiando due chiacchiere con gli ufficiali dell’arma dei Carabinieri lì al bancone. Finalmente Tommaso mette giù e ci raggiunge.
– Ehi ragazzi, grandi, grazie di essere venuti eh eh.
–Ciao Tommaso. Grazie di averci accolto. Questa Redazione è splendida.
-Ciao Eh eh, sì lo so bene, ne vado molto fiero. Puoi chiamarmi Tommasino comunque eh eh.
–Allora Tommaso. Passando a noi…sta Roma? Quanto ce fa soffrì eh?
Salaroli scoppia in una fragorosa risata.
-Hahaha ma che dici? Eh Eh pensavo volessi farmi qualche domanda su Scomodo, il giornale che ho fondato quando ero ancora al liceo. Sai? Siamo un progetto under 30 di giovani per giovani, è una cosa un sacco speciale qui a Roma. Eh eh è il giornale più letto e seguito dai giovani.
–Dai Tommaso, non serve che fai questa cosa pure con noi.
-Quale cosa scusa? Eh eh.
–Lo sai benissimo cosa.
-Non capisco proprio, sai?
–Dai quella cosa che fai ogni volta, che fai finta che sia tutto vero, che non sia tutto un enorme schema Ponzi applicato alla cultura.
Salaroli si incupisce. La sua bocca, spalancata dall’inizio dell’intervista in un perpetuo sorriso, inizia lentamente a richiudersi.
–Abbiamo dato un’occhiata alle carte. Abbiamo incrociato le tue dichiarazioni con i dati ISTAT sulla fertilità in Italia dal ’92 in poi. I conti semplicemente non tornano. Da lì abbiamo capito. Una strategia geniale, davvero.
Salaroli guarda in basso ormai immobile e in silenzio.
–Includere nella propria redazione tutti i giovani di Roma, partendo dai licei del centro, senza alcun criterio di competenze giornalistiche, editoriali o artistiche, per vendere Scomodo ai loro genitori. Monetizzare sulle aspirazioni mal riposte della classe borghese per i propri figli, destinati al fallimento… Avremmo voluto pensarci noi per primi.
-Chi è stato a cantare eh? Quel fango di Carocci dì la verità! Io la ammazzo quella zecca di merda.
–Non proprio, ci è bastato fare qualcosa che nessuno prima di noi era riuscito a fare. Abbiamo letto un numero di Scomodo, tutto quanto, dall’inizio alla fine. E i muri di cartone sono crollati…
-Maledetti, maledetti, vi prego questa storia non deve uscire. Ho contatti, sapete quanti contatti sono riuscito a farmi in questi anni? Conosco tutti. Ho il numero di casa di La Gioia, Marco Da Milano mi ama, il Cardinale José Tolentino de Mendoça è un fratello.
–Tommaso, mi dispiace. È troppo tardi, lo abbiamo già detto ai tuoi genitori. E sono molto, molto arrabbiati.
Salaroli comincia a sbattere freneticamente i piedi per terra. Le sue guance diventano viola. Per calmarlo gli mostriamo la sorpresa: un modellino in lego della Redazione di Scomodo all’Esquilino e un cartone di pizza fritta alla nutella. Ci interrompiamo perché ci chiamano dall’ingresso, è la scorta di Valerio Carocci, dicono che è pronto per l’intervista… to be continued.