«Non chiedetemi dove andremo a finire perché già ci siamo».
Ennio Flaiano
È scoppiata la polemica in questi ultimi giorni intorno alla fiera di Roma «Più Libri Più Lividi», quando la curatrice del programma Chiara Valerio, dopo aver intestato la manifestazione a Giulia Cecchettin – ma perché poi? tra tutte, è forse la testimonial che crea più engagement, con un padre che a due mesi dalla morte pubblica un libro con Rizzoli, mentre le altre donne uccise contano meno? – ha avuto l’infelice idea di invitare tra gli ospiti l’amico Leonardo Caffo, accusato di maltrattamenti sulla ex fidanzata (già difeso da una schiera di scrittori e scrittrici – Ciabatti, Gaspari, Gasparrini, i tlonisti – che fino a ieri facevano valere il motto “sorella io ti credo” solo finché l’accusato non è un amico).
Valerio&Co si trincerano dietro il garantismo e la Costituzione, gridano alle liste di proscrizione e alla censura, ma nessuno ha prelevato a casa Caffo con i forconi, in molti chiedevano soltanto un po’ di buongusto, in attesa di una sentenza che arriverà il 12 dicembre, a quattro giorni dalla chiusura della fiera. E poi quello stesso garantismo con cui si fanno scudo non valeva quando era Ignazio La Russa a servirsene per difendere il figlio, accusato anche lui di molestie, e in millemila altri casi. Doppio standard arcitaliano, diagnosticato da Giolitti in tempi più che sospetti: «con i nemici le gogne si applicano, e con gli amici invece si interpretano».
Ma del caso Caffo, o meglio, del meccanismo di protezione testimoni applicato dal circolo dell’amichettismo abbiamo già parlato. La nostra opinione sul valore intellettuale di Chiara Valerio non l’abbiamo neanche mai formulata perché non abbiamo letto i suoi libri di algebra. Come monta la polemica, però, è tempo di guardare altrove, perché la polemica per sua natura è cieca e faziosa e perde di vista il nucleo centrale del problema, si trasforma nell’ennesimo hashtag all’ordine del giorno, esercizio di frustrazione che privilegia solo l’algoritmo, o in un’impotente tempesta di merda sulla Valerio e su Caffo – sintomo di una contraddizione più ampia, aspetto visibile di un sistema culturale fondato sull’arroganza, collaudato da anni, e che opera sul retro dei panel, nelle redazioni editoriali, nei salotti dove si vive con l’illusione di impunità.
Non ci interessa che domani la Valerio venga detronizzata dal suo ruolo alla fiera Plpl, perché a succederle sarà un epigono altrettanto colluso con gli apparati culturali dominanti, il cui stesso funzionamento genera le condizioni ideologiche e materiali per le quali si ripresenteranno queste storture in eterno. Dobbiamo invece rimettere in discussione propri i parametri di selezione di certi personaggi, il loro ruolo di distributori di pass di entrata e di uscita dai salotti della ragione, i cuscinetti di ammortizzazione dei danni come quello che subito «Propaganda Live» ha fornito a Chiara Valerio, senza contraddittorio alcuno (anzi Diego Bianchi, un giornalista professionista, si diceva «poco informato» sulla questione) per giustificare il suo operato con una supercazzola inascoltabile, di un altezzoso farsesco («noi i libri li leggiamo sul serio»: e quindi? vuoi un applauso?).
E ancora il sistema di lavaggio morale che ha permesso di nuovo alla illustrissima di firmare senza battere ciglio un’introduzione al primo volume della nuova collana di libri di Robinson, Una stanza tutta per sé di Virginia Woolf, definito proprio da Repubblica «il libro che ci ha fatto aprire gli occhi sulla questione femminile» ma sempre finché sono gli altri a sbagliare (quelli che non leggono e non scrivono libri?). Eppure arrivano le scuse da Plpl, che metterà a disposizione la sala destinata a Caffo ai centri anti-violenza (una specie di elemosina), quindi anche un’ammissione di colpa, quando non bisognava scusarsi per per Caffo in sé – innocente fino a prova contraria – ma per il fatto che Caffo è stato invitato solo in quanto amico della cricca e per nessun altro motivo.
Il banco sta saltando, cadono i pezzi giorno dopo giorno di questo grande apparato di creazione e gestione della legittimità degli intellettuali (l’unico capitale che hanno a disposizione). E dobbiamo renderci conto che siamo noi gli azionisti di maggioranza della Cultura S.p.A. Che il nostro tempo e la nostra credulità sono i loro benefit. Hanno costruito con le loro mani la ghigliottina con cui adesso gli viene mozzata la testa. Ma non conviene mai esultare per le teste tagliate, bisogna fare in modo che bruci la ghigliottina. E qualche idea ce l’abbiamo.